Storia dell'arte  •  Volti celebri

Il nudo femminile nell’arte: omaggio a “La bella scontrosa”

Nel 1991 usciva nelle sale italiane “La bella scontrosa”, omaggio cinematografico di Jacques Rivette ad Honoré de Balzac e al suo racconto breve “Il capolavoro sconosciuto”. Nel cast del film, vincitore al Festival del Cinema di Cannes del Grand Prix du jury, trovavamo allora un magistrale Michel Piccoli e una giovane, e promettente, Emmanuelle Beart. Protagonista della pellicola è un quadro, un nudo di donna, che il celebre artista Edouard Frenhofer (interpretato da Michel Piccoli) non riesce a portare a compimento da ben dieci anni. Dopo aver conosicuto Marianne (Emmanuelle Beart), il pittore deciderà di concedersi un ultimo tentativo e di provare a ritrarre lei, questa volta, anziché la moglie Liz.

Scena tratta da “La bella scontrosa”, di J. Rivette

Partendo da questo omaggio al genio di Michel Piccoli, recentemente scomparso, e al suo ruolo ne “La bella scontrosa”, proveremo a ripercorrere insieme la genesi dei nudi femminili nell’arte e cercheremo di capire come mai il corpo della donna sia stato, e sia ancora oggi, soggetto/oggetto prediletto di moltissimi artisti di tutto il mondo.

Il corpo femminile: soggetto o oggetto?

Donna oggetto o soggetto? E’ questo uno dei primi interrogativi che ci si pone guardando alla storia dei nudi pittorici al femminile. Il corpo della donna trasformato in oggetto di studio, desiderabile, castigabile, idealizzabile. Cosa rimane allora del corpo della donna se alla fine è lo sguardo dell’artista a disciplinarne l’immagine? Ciò che arriva del corpo femminile esposto è spesso una reinterpretazione allegorica; la relazione con la donna, con colei alla quale quel corpo appartiene, si esaurisce di pennellata in pennellata. Un rischio che si corre quando il corpo nudo non è più soggetto dell’opera ma, appunto, oggetto.

Il nudo al femminile tra Medioevo e Rinascimento

Nel corso dei secoli l’immagine del corpo femminile ha subìto un processo di annullamento e sradicamento dalla persona, in particolar modo nel Medioevo: il corpo nudo della donna veniva raffigurato solo nell’ottica di un’asessualizzazione completa. La religione cristiana filtrava l’occhio dell’artista sul corpo femminile che da soggetto diventava oggetto di un messaggio, talvolta mònito, da trasmettere ai fedeli e, soprattutto, agli infedeli: questi seni, questi fianchi che attraggono l’essere umano sono fonte di peccati. C’è Eva, ovunque, in questa narrazione del corpo solo e soltanto come tempio dell’anima. Eva la peccatrice, Eva che spudoratamente si è mostrata in tutta la sua nudità portando alla cacciata dall’Eden.

La Nascita di Venere , S. Botticelli

Se nel Medioevo il corpo femminile veniva usato dall’arte come veicolo di un messaggio proibitivo, nel Rinascimento sembra trovare uno spazio di accettazione. Botticelli glorifica le curve femminili, le esalta grazie a uno sguardo apparentemente neutrale che quasi si lascia attraversare dall’immagine senza opporre resistenze. Eppure, anche in questa età d’oro, il corpo della donna per poter essere accolto e approvato viene immerso in una realtà che non gli appartiene: contesti naturalistici e mitologici contornano il nudo femminile quasi a volerlo legare a una sfera ideale dalla quale, in realtà, è svincolato. I corpi femminili sono si morbidi, ma sprovvisti della loro quotidianità e piuttosto figli dell’immaginazione dell’artista.

“L’origine del mondo” di Gustave Courbet

Il salto temporale si fa consistente, perché nel corso dei secoli poco è cambiato fino all’avvento di quella che ancora oggi definiamo “arte contemporanea”. Ma prima di arrivare a Picasso e Schiele non si può trascurare un dipinto che ancora oggi crea dibattiti animatissimi.
E’ “L’origine del mondo” di Gustave Courbet, una rappresentazione cruda, per alcuni, realistica, per altri, di un sesso femminile.

La nudità in questo caso è parziale, si omette l’intero per concentrarsi sull’origine del mondo. Molti hanno intravisto in questo quadro una ritrovata libertà d’espressione del corpo femminile; altri sono rimasti scandalizzati dall’inesistenza di schermi tra ciò che è e cio che viene rappresentato; altri ancora hanno disapprovato la vena provocatoria del dipinto, volto più a creare scalpore che non a restituire un’immagine del corpo femminile nella sua totalità.

L’origine du monde, G. Courbet

In qualunque modo si scelga di porsi nei confronti del quadro di Courbet, resta il fatto che “L’origine del mondo” rappresenta una frattura nel mondo dell’arte e della raffigurazione del corpo femminile. Un dipinto il cui merito più grande è forse proprio la scelta del titolo, che in una frase cosi breve silenzia quel vociare di sottofondo di matrice cristiana che avvolgeva il corpo femminile di una peccamonistà contagiosa.

Arte moderna e corpi di donna

Siamo giunti a quel momento della storia dell’arte in cui i corpi femminili sembrano riappropriarsi di un’interezza perduta: spariscono gli ideali ai quali aderire, le mitizzazioni e le raffigurazioni celebrative fini a loro stesse. Il corpo di donna diventa “la donna” e in quanto tale soggetto parlante del tempo che passa, delle fatiche e delle gioie vissute, delle nascite e dei lutti, di inibizioni e dipendenze. E’ come se per secoli la raffigurazione del corpo femminile fosse stata connotata da una visione monocromatica incentrata sulla sessualità, fosse essa da bandire o osannare. Nient’altro del corpo femminile sembrava catturare l’attenzione dell’artista, non la sua sensualità, il suo deperire con il passare del tempo, neanche la sua diversità formale. Tutta l’attenzione sembrava essere canalizzata sulla carica sessuale che il corpo femminile era ed è capace di scatenare in chi lo osserva.

Tutto questo finché non arrivarono Pablo Picasso ed Egon Schiele, due grandi artisti del Novecento pronti a liberare il corpo femminile da qualsiasi imbellettatura o storpiatura: i nudi di donna si evolvono correndo il rischio di suscitare repulsione tanto sono intrisi di umanità. Basti pensare a “Les Demoiselles d’Avignon” picassiane, donne dai corpi spigolosi e stilizzati che nulla sembrano spartire con le veneri rinascimentali che tutti conosciamo.
C’è poi Schiele che disegna e dipinge corpi di donna scomposti e consumati dalla vita, terribilmente terreni nelle manifestazioni delle proprie pulsioni.
Con loro i nudi femminili tornano a essere il vero soggetto della tela, non c’è più spazio per le poetiche romantiche ma solo per la multiformità della vita.

Lasciati ispirare…