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Un giorno con Federica Frati

Federica Frati è una pittrice e tipografa italiana che ha già goduto di una vasta esposizione a livello nazionale. Costanti nel suo lavoro sono riferimenti al sacro, espressi accanto a idee come l’identità moderna e l’anima umana. Attraverso l’uso della tempera, l’artista insegue le orme dei maestri medievali per poi spaziare tra incisione e pittura. Ecco cosa ci ha raccontato sulla sua tecnica, sul suo stile e sulle sue opere d’arte.

Qual è la prima cosa che fai quando ti svegli la mattina?

La prima cosa che faccio quando mi sveglio la mattina è andare in studio per poterci stare il più tempo possibile. Avendo una famiglia il tempo di cui dispongo è limitato, per cui cerco di ottimizzare ogni istante, sforzandomi di riflettere su nuovi temi e tecniche. Negli ultimi anni ho lasciato il classico “posto fisso” per dedicarmi a tempo pieno all’arte e questo mi ha permesso di sperimentare moltissime tecniche in pochissimo tempo: acquerello, incisione diretta e indiretta, olio, china, acrilico, grafito, monotipo, stencil. Il lavoro quotidiano è fondamentale per progredire. Non si può pensare questo mestiere come se fosse un hobby, deve essere praticato con la continuità di un qualunque altro lavoro.

Che cosa ti ispira a creare ogni giorno?

Vorrei sfatare un mito, lo stare in studio a “creare” non è l’occasione per buttare fuori le tensioni e lasciarsi andare, come se si stesse facendo una lezione di yoga. È tutt’altro: rigore, disciplina, pensiero, determinazione e anche sofferenza.

Il sentimento che mi porta a lavorare quotidianamente è la necessità di cercare. Quando si è alla ricerca di qualcosa bisogna farlo con la giusta tensione e concentrazione, altrimenti si rischia di non trovare nulla. Io cerco delle immagini tratte dal mondo e tradotte nella mia lingua, in modo che esse siano comprensibili emotivamente e razionalmente per prima cosa da me stessa. Se l’immagine che ho creato mi fa vibrare e mi soddisfa, la tengo buona altrimenti la archivio. (Come nel caso del maiale, dei miei lavori “non butto via niente” perché spesso riutilizzo parti di opere precedentemente scartate).

Com’è organizzato il tuo spazio di lavoro?

Il mio studio è riempito da una presenza imponente, il torchio calcografico: il sogno di qualunque incisore. Ebbene io ne ho ricevuto uno, meraviglioso, in regalo dal centro internazionale per lo studio dell’arte grafica “Il Bisonte”. Questo strumento mi serve per stampare le lastre che incido, ma lo uso anche per realizzare stampe monotipiche da matrici in plexiglass. Ho usato questa tecnica soprattutto negli “Healers” e nei “Big Eaters”.

Vi è poi una zona dedicata all’intaglio del legno, dove realizzo matrici xilografiche. Negli ultimi anni mi sto dedicando ad un progetto: la realizzazione delle carte dei Tarocchi; dopo aver intagliato la matrice, la stampo su carta rigorosamente a mano, con l’aiuto di un semplice cucchiaio da cucina.

C’è poi una zona dove disegno, dipingo e realizzo i monotipi di piccole e grandi dimensioni.

Descrivi gli aspetti fondamentali della tua tecnica o del tuo stile.

Il mio linguaggio ha due modelli fondamentali:  il primo è la pittura e scultura medievale (Giotto, Cimabue, Coppo da Marcovaldo, Simone Martini, Giovanni Pisano) con la sua sintesi e ieraticità, che confluiscono nelle xilografie e nelle tempere; il secondo si rifà all’espressionismo tedesco e allo studio dei maestri bresciani Luciano Cottini e Antonio Stagnoli, che hanno fortemente influenzato il mio linguaggio.

Eaters (2020), Federica Frati

La mia ricerca si è sviluppata mediante prima il disegno e poi lo studio del disegno monotipico. Il lavoro che nasce da questo processo è un pezzo unico, fresco e vibrante, capace di captare ogni gesto e minima pressione, dando spazio anche ad un margine di casualità.

La stampa monotipica è un’altra tecnica che ho iniziato a sperimentare, dipingendo una matrice in plexiglass e stampandola su carta velina, mediante il torchio calcografico. Questi brani di carta li incollo poi su disegni monotipici, dando vita a composizioni sempre meno descrittive. La mimesi per me è solo un punto di partenza. Questa scelta è stata decisiva e anche difficile da fare in quanto la copia del reale è una pratica rassicurante; diverso è produrre delle immagini che solo evocando la realtà, mantengano una loro forza e coerenza, senza essere retoriche o caricaturali.

Big Cold Sky (2019), Federica Frati

 Chiaramente la tecnica è solo il mezzo che mi consente di parlare ed è necessario che sia in linea con il tema. L’oggetto della mia indagine è la precarietà dell’esperienza umana, la finitezza dell’uomo e la desolazione che ne deriva in un tempo in cui il Mito è decaduto, la paura dell’Inferno ricordata nelle scene del “Giudizio” delle controfacciate delle cattedrali romaniche  è venuta meno (per fortuna ma anche per sfortuna perchè l’assenza di regole è destabilizzante) e l’essere umano non ha più appigli, guide, consolazioni. Ecco che questi argomenti io li narro mediante un segno sguaiato e sudicio.

Ultimamente mi sto dedicando allo studio del colore e di come esso possa dialogare con il mio segno.

Quali sono i 3 elementi essenziali presenti nel tuo studio?

Nel mio studio non può assolutamente mancare la musica, dal mio punto di vista la forma d’arte più complessa ed elevata. Non riesco a lavorare senza, anche perchè dalla musica nascono molti dei miei lavori e delle mie idee. Col passare del tempo ho iniziato a selezionare la musica più adatta ad accompagnare il mio lavoro (pur essendo io onnivora, non tutti i generi si prestano, alcuni sono invadenti) e il risultato è che la musica classica ha vinto su tutto, in particolare, grazie ai suggerimenti di un amico musicista, Bach “The Goldberg Variations” by Glenn Gould.

L’altro elemento che non può mancare è l’inchiostro calcografico, che tanto si distingue per il suo nero profondo, immenso, un nero che non si può ritrovare in nessun altro colore. L’inchiostro ha un profumo unico; uso quella materia densa per stampare, ma anche per realizzare i miei disegni o per creare immagini corpose, materiche.

Cold Sky (2019), Federica Frati

Infine, considerando il vizio un elemento da gestire con moderazione, ma da non eliminare del tutto, le sigarette sono la terza presenza in studio. Io non fumo d’abitudine, solo quando sono felice e nel mio studio lo sono abbastanza spesso.

Come fai a sapere o a decidere quando un’opera d’arte è finita?

Non capisco quasi mai subito quando un’opera è finita. La devo lasciare a decantare per qualche giorno per ripulirmi gli occhi che sono pieni di essa. Fotografo l’immagine del lavoro che lascio in studio e la guardo ogni tanto. Solo nei giorni successivi deciderò se intervenire ancora oppure no. Quindi per decidere se un’opera è finita, me ne devo distaccare in sostanza.

Cold Sky (2019), Federica Frati

Cosa ti piace fare per rilassarti dopo una giornata di lavoro?

Per rilassarmi dopo una giornata di lavoro ascolto della buona musica e se posso mi bevo una birra in compagnia. Anche la lettura è una pratica che mi rilassa.

Qual è la parte del processo creativo che ami di più?

Il disegno, ovvero la progettazione del lavoro, è la fase che più preferisco perchè è quella che mi viene più naturale. Più difficile per me è utilizzare il colore; questa è un’operazione che mi richiede molta concentrazione e ansia, mentre il disegno lo potrei fare in qualsiasi situazione e luogo. Affinchè la progettazione dell’opera mediante il disegno risulti piacevole fino in fondo è però necessario avere dei buoni modelli. Generalmente, visto che il mio campo d’indagine è l’essere umano, chiedo a familiari e amici di farsi scattare delle foto, seguendo le mie istruzioni e loro con pazienza e amicizia mi danno retta. Pur essendo una scadente fotografa, l’avvento degli smart phone mi ha dato una mano, consentendomi di scattare delle fotografie dignitose, senza dover accettare immagini preconfezionate dalla rete che condizionerebbero la buona riuscita dell’opera.

Per altri dipinti di Federica Frati, vai alla sua pagina Singulart qui.